Ci sono livide corrispondenze che serpeggiano sotto la pelle.
Sussurri acuminati,
che lasciano strisce di fuoco con la loro saliva.

Nemy sogna irrecuperabili risposte.
Sogna di correre, nel vuoto, in una notte derubata di stelle.

Vede ombre liquide torcersi nella penombra,
allungarsi verso di lei.

Sogna lo sguardo traboccante d’emozione
del suo Creatore.

Vi era troppo orgoglio e speranza
in quel cenno d’anima.
Troppa speranza
per un ribelle spirito
che desiderava essere consumato dalle
passioni umane.



Black chiude gli occhi. Lascia le tenebre entrare, a fondo. Non ne ha più paura. Le conosce e ha imparato a controllarle. Sente Nemy agitarsi nel sonno, ma per poco…viene inghiottita dal buio. E’ in piedi, sul bordo di un precipizio instabile. Indossa una veste bianca velata. Mani e piedi legati ad un palo d’albero sottile…non può scappare. Lui si sta avvicinando. Lo sente. Avverte quell’odore di pioggia pungente e acida logolarle le narici e graffiarle l’anima.Vorrebbe urlare, reagire, staccarsi da lì e prendere la katana ai suoi piedi per affrontarlo. Ma anche se potesse farlo, non servirebbe a nulla. Lui la distruggerebbe comunque. Lo fa ogni notte. I suoi passi leggeri spostano l’aria rarefatta di quel sogno. Finalmente, l’attesa è finita. La sua lama fredda e indifferente si posa sulla guancia destra di Black, sfiorandola fino al petto. Sa Lui cosa vuole, sa che può solo ferirla per ora. Black risplende al buio…è l’unica possibilità di salvezza. La pelle brucia. Black sanguina dalla spalla destra. Riesce ad urlare. Urla tanto forte da svegliarsi. Seduta in mezzo a letto, nel buio della notte, si sfiora la pelle candida. Ed eccola lì, quella ferita. Il rivolo di sangue la percorre piano, attaccandole addosso un tessuto strano. Si rende conto di indossare davvero la veste bianca. “No, non può essere” – sussurra al vento, lo stupore negli occhi. Non può più dormire per stanotte. Si alza, va al laghetto. Prende l’acqua con le mani e la riversa piano sulla ferita. Non vuole che Nemy la veda così. La ferita guarisce, ma stavolta la cicatrice resta. “Lui è tornato” – sussurra di nuovo al vento. Controlla Nemy, dorme. Spera che sia al sicuro nei suoi sogni. Le scosta i capelli dal viso sereno. “Non lei, ti prego” – sussurra di nuovo al vento. Torna a letto e guarda la radura.



L’alba schiarisce rosso sangue all’orizzonte.
I lividi della notte percorrono gli ultimi brividi nel vento.
Nemy apre gli occhi,
si volta verso la sua dolce Amica.

Ne osserva le lunghe ciglia
come tenebre chiuse su gelosi segreti,
le labbra premute forte,
il viso con un solco raggrinzito.

Aggrotta le sopracciglia. Non ricordava di averlo visto
la notte precedente.

Le dita sfiorano la cicatrice.
Black spalanca gli occhi,
l’oscurità distillata nei suoi occhi.

Nemy la guarda
e capisce che qualcosa sta per
arrivare.



Black non ha bisogno di aprire gli occhi per sapere che è l’alba.
Sente quella luce sfocata accarezzarle il viso, come lo sguardo della piccola Nemy. 
Si volta verso di lei.

Le tenebre di quella notte sono ancora sigillate nei suoi occhi, ma strisceranno via e, come serpi sinuose, scivoleranno nei pensieri di Nemy.
La guarda intensamente, mentre sfiora piano la cicatrice.
Lei ha intuito. Ma non sa quanto antico sia quell’oscurità. 
“Tranquilla” – sussurra Black.
Un po’ a Nemy.
Un po’ al vento.
Un po’ a se stessa.



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